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Sabato 28 e domenica 29 agosto 1999

UMBRIA

Tevere: da Prodo a Montecchio (in notturna)

Ritrovo: dalle ore 18.00 in poi, in località Prodo, lungo la strada provinciale 79bis Todi-Orvieto, dopo il bivio per Titignano; cena comunitaria nella pineta nei pressi di Prodo (loc. Poggio di Ripe)

Percorso: dal Poggio di Ripe (500 m) inizia la passeggiata notturna lungo la strada sterrata che scende alla Villa di Osa (310 m) ed al Lago di Corbara in loc. “Podere Olivella” (143 m) . Si costeggia il lago fino al paese di Corbara e lo si attraversa lungo la diga fino ad arrivare al piccolo castello , adibito ad azienda agrituristica, di “Pomurlo Vecchio” (165 m) . Sempre per strada sterrata si sale ad un gruppo di case denominato “Podere San Bartolomeo” (186 m) dove si incrocia la strada sterrata che collega Baschi con Montecchio; la si percorre per qualche centinaio di metri, per poi proseguire lungo la strada sterrata, prima, ed un sentiero, poi, che scendono al Fosso del Morello (175 m). Quindi per un sentiero in mezzo ai campi si risale fino alla strada provinciale per Civitella del Lago neo pressi della località S. Caterina (410 m), la si attraversa e , per un sentiero in mezzo ad una lecceta, si sale ancora fino ad un’area attrezzata per picnic da cui si gode un bel panorama sui laghi di Corbara e di Alviano (640 m) e da dove si potrà attendere l’alba.

Difficoltà: alla portata di tutti (cinque ore di effettivo cammino con dislivelli in salita di 600 m e di 740 m in discesa)

Interesse: naturalistico e paesaggistico

Costo: £ 5.000 per contributo alla cena

Abbigliamento: scarponcini, k-way, torcia elettrica, e tutto quanto può essere necessario per una passeggiata notturna.  

L’amico della natura non può accontentarsi dei prodotti immutabili della natura; se la sua frequentazione con essa non oltrepassasse tali elementi, egli non sarebbe degno di essere definito suo amico. I prodotti immutabili della natura sono soltanto, come gli alberi d’inverno, i pilastri, le strutture portanti della natura stessa. Se non vi si aggiungessero quelle cangianti manifestazioni, che concedono loro fascino e vita, la natura sarebbe solamente una spenta mummia. (…)

Cero è uno dei più nobili piaceri osservare le molteplici scene della natura, quanda essa si trasmuta da una condizione in un’altra o quando la si vede già cangiata da ciò che era poco prima. (…)

Soltanto l’amico della natura, il quale durante le sue passeggiate sia giunto a conoscere la natura nelle sue varie forme e nei suoi vari momenti del giorno, può affermare di aver acquisito una fiduciosa conoscenza dei quotidiani scenari della natura. A costui non è mancato il piacere di passeggiare all’aria aperta sul far della sera, quando tersi, sulle strade e i sentieri, si fanno i rumori del mondo circostante, come pure il lontano rintoccare di campane. Le stesse passeggiate nelle tiepide notti, quando il sole è scomparso, gli hanno mostrato, ad esempio lungo le morbide pendici di un monte, un nuovo darsi della natura: nel cielo oscurato il lento sollevarsi della luna , che le regioni più alte dell’aria tutte illumina, mentre anche i monti giacciono nel buio; come i punti più alti della terra si offrono in un diffuso pallore, in contrasto con le sottostanti, cupe pianure, e come tutto questo dia vita ad una singolare armonia.

Non dobbiamo cercare, ma trovare; non dobbiamo giudicare, ma guardare e comprendere, respirare e assimilare quel che abbiamo assorbito. Dal bosco e dai prati d’autunno, dal ghiacciaio e dal giallo campo di spighe devono fluire dentro di noi, attraverso tutti i sensi, vita, forza, spirito, senso e valore. Passeggiare in mezza alla natura deve promuovere quel che c’è di più eccelso dentro di noi, l’armonia con l’insieme dell’universo, e non deve essere né uno sport né un passatempo. Non dobbiamo ammirare e stimare per qualsivoglia interesse il monte, il lago e il cielo, bensì fra questi elementi che al pari di noi fanno parte di un tutto e sono forme fenomeniche di un idea, dobbiamo muoverci lucidamente e sentirci di casa ciascuno nell’ambito delle proprie capacità e con i mezzi specifici della propria educazione: l’uno in veste d’artista l’altro di scienziato, il terzo come filosofo. Dobbiamo sentire affine all’insieme e inserito in esso non solo il nostro corpo, bensì tutto il nostro essere. Solo allora avremo un vero rapporto con la natura.

Già il gusto “pittoresco” della natura, per esempio, è povero e unilaterale per il fatto stesso di fare affidamento in misura esclusiva al senso della vista. Molto spesso l’impressione più forte e precipua di una camminata o di una sosta all’aria aperta non è un’impressione visiva. Ci sono momenti e luoghi in cui tutto quanto percepibile dall’occhio non è nulla al confronto di quanto arriva all’orecchio: il frinire dei grilli, il canto degli uccelli, il mugghiare del mare, l’ululare del vento. Un’altra volta è l’olfatto a ricevere gli stimoli maggiori: il profumo dei fiori di tiglio, l’odore di fieno, quello dei campi umidi appena arati. (…)

Questo è quanto possiamo ricavare dalle passeggiate e dalle gite, dai viaggi e dalla villeggiatura. Nella vita di tutti i giorni siamo soliti vivere, lavorare e pensare in maniera settoriale; ma di fronte alla natura siamo liberi e totali, possiamo lasciar godere e agire contemporaneamente e con pari diritti tutti i sensi e tutte le energie spirituali. Nessuno lo può fare in qualsivoglia momento, ognuno ha delle catene da portarsi appresso, ma quanto più spesso e più intensamente, liberi da qualsiasi fine e scopo, ci sentiamo affratellati alla totalità dell’universo, tanto più queste catene si allentano, tanto più il sole e le stelle, il bosco, il mare e i monti, la tempesta e il gelo, gli uccelli e gli animali selvatici ci fanno partecipi della loro vita, e tanto più, infine, si restringe il novero delle cose con cui non abbiamo alcun rapporto. E solo in questo modo possiamo crescere e dare alla nostra vita un significato, un valore, una grandezza.

HERMANN HESSE, IL GUSTO DELLA NATURA (1908)

 

 

Organizzatori:  Carlo Arconi